Andy Warhol e Marilyn Monroe, miti a confronto

Immaginate una miriade di colori irruenti che esplodono su una tela e che formano tante serigrafie poste in sequenza, una accanto all’altra, sopra, sotto, come tanti negativi di una foto riprodotti in modo sistematicamente compulsivo. Un’immagine quindi posta quasi in maniera cinematica,
sottratta alla sfera del consumismo mediatico, presa poi per immergerla e convertirla in un settore piu’ erudito ed affascinante, quello dell’arte. Questa la sua tecnica artistica: un’ossessiva reiterazione seriale che viene applicata a tutta la sua arte, adottando dunque semplici prodotti commerciali e figure umane appartenenti al circolo mediatico degli anni 60 per poi crearne una contemporanea leggenda del consumismo americano. Sto parlando del Mitico Re della Pop Art americana Andy Warhol che nasceva proprio il 6 agosto di novantadue anni fa e che Palcoscenici del Mondo vuole omaggiare con l’intento di farvi
comprendere quanto questa figura così atipica e sensazionale sia stata importante per l’arte sotto ogni sua traiettoria e punto di vista proprio come una piovra si è addentrata e diramata ovunque si respirasse arte, cultura e bellezza.

Andy Warhol, all’anagrafe Andrew Warhola jr, nasce a Pittsburg da genitori entrambi immigrati slovacchi. Il piccolo Andy è un grazioso bimbetto gracilino e curioso, sensibile ed intelligente, ma anche tanto
introverso, a soli otto anni gli diagnosticano la sindrome di San Vito, per cui e’ costretto a restare a letto e la madre, per alleviargli la pena, gli tiene compagnia leggendogli storie e regalandogli libri da colorare. Ed e’ proprio in questa circostanza che comincia a sviluppare una sempre piu’ acuta capacita’ di percepire gli stimoli attraverso le immagini, per tanto, quando cresce, studia arte e grafica pubblicitaria laureandosi ben presto. Successivamente si trasferisce nella grande mela, New York, lavorando nel settore pubblicitario per circa settanta testate di riviste differenti fra cui: American Girl, Mademoiselle, Harper’s Bazaar, Harper’s Magazine, Dance Magazine, Interiors, Theatre Arts, Seventeen, McCall’s e Woman’s Home Companion, Glamour e Vogue America e da queste collaborazioni nascono i suoi primi lavori pittorici che a breve termine verranno definiti Pop Art.

Warhol è influenzato dalla pittura sul filone dell’espressionismo astratto di De Kooning e dalla Dripping painting di Pollock, ma in breve tempo dalla pittura passa alla serigrafia, tecnica di stampa
molto in voga nel settore pubblicitario prima dell’invenzione delle stampanti digitali. Questa tecnica gli permette di replicare all’infinito le immagini che sceglie. Un chiaro esempio e’ la “Marilyn diptych”, la piu’ stravolgente tra tutte le sue opere, creata una settimana dopo la morte della diva di Hollywood Marilyn Monroe avvenuta la notte tra il 4 ed il 5 agosto del 1962. Lei, il sogno erotico universale degli anni sessanta, muore improvvisamente nella notte per un’intossicazione da barbiturici lasciando il mondo intero in uno stato catatonico, confusionale, incredulo ed attonito.

Anche Andy ne resta sconvolto, e’commosso e prende coscienza che anche i miti muoiono e non vuole accettarlo, per cui, per una volta, mette da parte la sua superficialita’ personificata dalla parrucca biondo platino che indossa quando interpreta il ruolo di star della Factory e dona al Mito di Norma Jean l’immortalita’ ed e’ per lui uno dei momenti piu’ tragici e malinconici della sua carriera. La ripetizione perpetua e seriale del dipinto raffigura il volto dell’attrice americana per ben 50 volte trasformato in una icona della società moderna. Per raffigurarla Andy sceglie un’immagine della diva dal film Niagara del 1953 che, non a caso, e’ forse la pellicola piu’ torbida e dark che l’abbia mai vista protagonista. Estrapola quel viso e poi lo riproduce 25 volte buttandoci su il colore quasi a caso, quasi a voler trasformare quel bel faccino in una maschera da clown, e per ben altre 25 volte in un bianco e nero sempre piu’ sbiadito ed incerto che quasi sta a simboleggiare la sua uscita di scena da questo sporco mondo corrotto.

Marilyn rappresenta il sex symbol femminile per eccellenza negli anni 60 e quell’aria da svampita,
le sue movenze da bimba impacciata, quei riccioli biondi, lo sguardo miope, quelle labbra sensuali, quel seno prosperoso, quel vitino sottile, quelle forme morbide e sinuose che ricordano i corpi delle statue del Bernini, quelle gambe scoperte che fanno impazzire tanto gli adolescenti alle prese con i primi impulsi sessuali, ma anche gli uomini maturi e rispettabili padri di famiglia… persino uomini di grande potere come il presidente degli Stati Uniti d’America, John Fitzgerald Kennedy resta vittima e carnefice della sua incantevole bellezza.

La vita e la morte sono messe a confronto in quest’opera in cui l’esasperata routine toglie al soggetto la sua identità, riducendola in termini essenziali ad un brutale cumulo di forme e colori acidi ed insensati, portandola quasi all’astrazione. In quel trucco da mascherone c’e’ tutta la violenza che la fragile Marilyn ha subito durante la sua vita, da bambina-vittima di violenza sessuale e poi ancora vittima da adulta di brutali, spietati e vanagloriosi uomini. Quel suo volto riprodotto da Warhol si contende meritatamente con la Gioconda di Da Vinci il titolo di immagine piu’ celebre nel mondo dell’arte.

In questi anni Warhol ha uno studio al quinto piano del 231 East quarantasettesima strada a Midtown Manhattan, si chiama Factory ed è frequentata da persone di ogni genere, appartenenti per lo più al jet set di quegli anni. Andy è un festaiolo e rappresenta quello che oggi potremmo collocare nell’immagine del Fashion influencer, è un noto frequentatore dei locali più glamour di New York di quegli anni come il Club 57 ed il Mudd Club. Ormai è una star e nell’ambiente artistico è considerato una sorta di Dio tanto che un ritratto lo vende a $ 25’000,00 e riguardo ai soldi dice che essere bravi negli affari è il genere d’arte più affascinante, oppure che fare soldi è arte, lavorare è arte. È il re dell’arte commerciale, le sue opere finiscono nei musei e nelle collezioni di massimo rilievo e la sua Factory è frequentata dagli artisti più in voga del momento quali John Lennon e Yoko Ono con a seguito tutta la fila dei Beatles, the Velvet Underground di Lou Reed con la bellissima Nico che per Andy posa anche come modella ed è attrice dei suoi cortometraggi, Bob Dylan, Iggy Pop, David Bowie, Marianne Faithfull, Mick Jagger e Keith Richards con il resto della band “linguacciuta” dei Rolling Stones, Jim Morrison, Ray Manzarek, Robby Krieger e John Densmore, Alice Cooper ed una lista infinitamente lunga di grosse personalità.

Andy accosta il suo nome, sia come produttore che come art worker, a tanti di questi musicisti che faranno la storia del Rock, creando per loro le copertine di molti dischi, 60 per la precisione e molti dei quali assumeranno un valore inestimabile nel campo del collezionismo mondiale, in quanto sia l’opera che l’album riportano la firma originale dell’arista. Warhol produce e disegna il Banana Album del 1965 de the Velvet Underground & Nico e de The Velvet Underground di Lou Reed raffigurando una provocatoria banana che si sbuccia girandone la copertina, rivelando un innaturale color carne che allude palesemente ad un fallo umano.

L’album è considerato ancora oggi uno dei dischi più accreditati della storia della musica Rock, aggiudicandosi sulla rivista Rolling Stones la tredicesma posizione e che influenzerà le generazioni successive New Wave, Punk e Post Punk. Nel giugno del 1968, Valerie Jean Solanas, assidua frequentatrice della Factory, nonché scrittrice, attivista e femminista, autrice del Manifesto SCUM (acronimo inglese di Society for Cutting Up Men- Societa’ per l’eliminazione dell’uomo), si reca presso lo studio e spara ad Andy Warhol ed al suo compagno di allora, Mario Amaya, intimando all’artista la restituzione di un testo da lei scritto “Up Your Ass”, che Andy ammette in tutta franchezza di aver perso per cui impossibilitato alla riconsegna.

Fortunatamente, nonostante le gravissime ferite riportate da Warhol, entrambi gli uomini sopravvivono ed Andy ritira la denuncia offrendo alla Solanas un ruolo come attrice nel film “I, A Man” del 1968/69, ma purtroppo Valerie è ingestibile e un po’ fuori di testa per tanto la collaborazione dura poco. Nel 1971 Lou Reed compone la meravigliosa “Walk on the wild side”, pubblicandola nell’album Transformer, il brano racconta la New York trasgressiva di quel periodo, che in Andy Warhol e la sua Factory vede proprio il punto cardine, nel testo ne vengono citati i protagonisti: la superstar transgender Candy Darling e Holly Woodlawn che recitarono entrambe nei suoi film “Flesh” e “Women in Revolt” insieme a Joe Dallesandro presente solo nel primo film menzionato, Jackie Curtis attore transgender ma anche commediografo, poeta e punto di riferimento per i musicisti del Glam Rock che nasce proprio in quel periodo e Joe Campbell altro attore del film “Sugar Plum Fairy”. Andy Warhol e’ anche un bravo regista del cinema indipendente, ha una rivista tutta sua dal nome “Enterview” sulla quale vengono raccolte interviste fatte alle star del cinema e della tv ed infine è anche Manager e produttore di alcune Bands Tra cui The Velvet Underground di Lou Reed.

Progetta anche le copertine per le formidabili pietre rotolanti e nel 1971, per i Rolling Stones crea l’immagine dei jeans in bianco e nero di “Sticky Fingers”.

Ed ancora nel 1977, da una serie di polaroid scattate alla band sempre in bianco e nero, con l’aggiunta di linee e sfumature con forti colori contrastanti, mentre si prendono a morsi a vicenda, crea la copertina di “Love You Live”.

È stato il padre artistico di Jean-Michel Basquiat e Keith Haring e ad un certo punto della sua carriera sembrava quasi una sorta di re Mida che tutto ciò che tocca si trasforma in oro, ma poi purtroppo sfortunatamente muore a 59 anni a New York il 22 febbraio del 1987 in seguito ad un intervento chirurgico alla cistifellea. Sicuramente è uno tra gli artisti più influenti del XX secolo nonostante i puristi non lo considerino tale, sicuramente un grande genio e questo inopinabilmente non si discute.

«Nel futuro ognuno sarà famoso in tutto il mondo per 15 minuti» diceva Andy Warhol…
Beh io credo che per lui saranno molto piu’ di 15 minuti…

Napoli, 7 agosto 2020
Manuela Massaro
Palcoscenici del Mondo
EDM Produzione e Distribuzione

Pubblicato da Palcoscenici del mondo

Blog di arte, musica e spettacolo

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