Danza – Il coreografo Enzo Celli, alla continua ricerca di poesia

Nei giorni scorsi ho già dato notizia di una nuova Masterclass di danza contemporanea che si terrà nei prossimi giorni fra Napoli, Roma e Pozzuoli. Un’occasione imperdibile per gli appassionati di danza che vogliono confrontarsi con la creatività di un grande insegnante, tornato da New York appositamente per questa eccezionale occasione. Lui è Enzo Celli, coreografo di fama mondiale di cui vi ho già ampiamente raccontato nel mio articolo precedente. Oggi lo incontro per voi.

Buongiorno, Enzo. Per iniziare, una domanda d’obbligo. Quando ti sei avvicinato alla danza?

“Non sono uno di quelli che ha scoperto la Danza quando era ancora in fasce, di sicuro non posso dire che ho iniziato a danzare quando avevo tre anni. Quello che mi ha sempre mosso e mi ha sempre affascinato è stato più il concetto di movimento. All’inizio di questo movimento mi interessava soprattutto la performance con il tempo ho imparato ad apprezzare anche l’estetica del movimento, a quel punto è arrivata la Danza. Mi sento di dire che non sono io che mi sono accorto della danza ma che sia stata la DANZA ad accorgersi di me”.

Hai intrapreso anche altri linguaggi artistici nella tua carriera? Teatro, musica o altro?

“Il primissimo approccio all’arte è stato attraverso la musica come per tutti gli adolescenti. La Danza ha portato naturalmente al teatro, lì è nato il vero amore. Mi sento di dire che alla fine la mia danza è strettamente legata all’atto teatrale, le due cose sono inscindibili, non penso che potrei danzare per altre situazioni al di fuori di quella teatrale. La componente teatrale nel mio lavoro è molto forte, è quindi facile sconfinare dalla Danza alla recitazione o alla musica. Credo che in questo sia proprio il concetto di quello che faccio nella convivenza di diversi stili e di diverse realtà. Quindi oltre alla danza mi sono avvicinato alla regia teatrale, alla recitazione naturalmente”.

Quali sono state le influenze artistiche, e nello specifico di danza, nel tuo percorso formativo e professionale?

“Il cinema svolge sicuramente la funzione madre. Soprattutto quello contemporaneo e d’autore. Per quanto riguarda la danza, lavorare con Lindsay Kemp ha segnato significativamente il mio percorso coreografico orientandolo verso la ricerca della poesia”.

Sei un coreografo apprezzatissimo ed io ho avuto il privilegio di vederti all’opera in varie occasioni, ma ho una curiosità. Come ti accosti alla preparazione di una nuova coreografia? Qual è il tuo nutrimento umano e artistico? A cosa attingi?

“Per me la coreografia è una scrittura e per scrivere qualcosa hai bisogno di qualcosa da dire, in questo senso cosa muove un’ispirazione è sempre comunque un bisogno. Più che un coreografo sono un autore, quindi ho bisogno di tradurre una necessità in un atto concreto, in un atto artistico. In un certo senso la componente autoriale nasce da se, È una spinta che parte da dentro, una necessità. Ho quindi la necessità di rendermi permeabile più che posso, agli stimoli che vengono dall’esterno, a quelli sedimentati all’interno, per poterli tirare fuori nel momento in cui mi accingo a questa traduzione. In questo senso più che nutrire il mio lavoro tendo a nutrire me. Il corpo è fatto di tre componenti: corpo, anima e intelletto, è importante prendersi cura di tutti e tre questi componenti senza lasciarne indietro nessuna. Io mi sveglio la mattina molto presto attorno alle 5:30, appena sveglio prendo almeno un’ora per dedicarmi allo spirito, la preghiera e la meditazione, cerco di ritornare al culto dello spirito almeno un altro paio di volte durante la giornata. Subito dopo questo primo momento dedicato allo spirito ho la mia pratica quotidiana di yoga che disciplina non soltanto il corpo, ma anche la mente. Il corpo è in un certo senso anche aiutato dall’attività di insegnamento quotidiano che, aldilà del tenermi in forma più o meno, mi permette di tenere attivo questo colloquio e la comunicazione con il mio corpo. Cerco di prendermi cura della mente in maniera molto seria. A casa mia la televisione è stata spenta nel 2017. La sera mi dedico molto alla scrittura, alla lettura e alla mia famiglia. La cura della mia famiglia è una componente importante per il nutrimento della mente perché insieme all’attività di lettura e scrittura svolgono una forte azione emancipatrice nei confronti dell’ego”.

Anche i costumi sono frutto della tua creatività? Li curi personalmente?

“Dipende, non sempre. Come autore mi piace prendermi cura di tutte le componenti che compongono la mia opera, ma mi piace anche molto la collaborazione, mi piace avere stimoli ed urti. Per questo molte volte mi avvalgo della collaborazione di altri colleghi artisti nella realizzazione dello spettacolo”.

E a proposito di colleghi, come è il rapporto con loro? C’è scambio, confronto, sinergia con altre compagnie e artisti?

“Negli Stati Uniti è ottimo, ma è qualcosa che proprio fa parte della cultura americana. Tra artisti ci si sente, ci si confronta a volte anche ci si consola. Negli Stati Uniti il fare arte è qualcosa che ha conservato negli anni la sua importanza. Gli artisti si sentono comunque parte attiva importante del tessuto della società, anche in questo senso si cercano a vicenda. Purtroppo non posso dire la stessa cosa per l’Italia e questo è un grande rammarico per me. La maggior parte delle volte in Italia le politiche lavorative sono tutte orientate ad ostacolare il lavoro degli altri colleghi”.

C’è in particolare un artista della scena contemporanea e del passato con cui ti piacerebbe lavorare o creare?

“Senza nessuna esitazione M. Night Shyamalan”.

Qual è la cosa più gratificante del tuo lavoro e quella più difficile da gestire?

“C’è un cordone ombelicale mai reciso con la mia città di nascita, Sora. I sorani sono un popolo particolare, sicuramente non facile, ma dal forte senso di appartenenza. Mi capita spesso, quando torno a casa di incontrare qualcuno, che molte volte non ho mai conosciuto, che mi ringrazia per quello che faccio per Sora. Sebbene non sia questo l’intento del mio lavoro, è qualcosa che mi riempie il cuore ogni volta che capita, qualcosa che mi consola nella fatica e che mi sprona nell’andare avanti. La cosa più difficile da gestire in questo lavoro è una delle pochezze umane più popolari, l’invidia”.

Qual è stato il lavoro che ti ha dato maggior soddisfazione e perché?

“Non ce n’è uno in particolare, ce ne sono vari e per motivi diversi. Sicuramente c’è” Paracasoscia” che ormai ha raggiunto più di 300 repliche in tutto il mondo, senz’altro “Giselle”, ma uno che porto veramente nel cuore e “Fragile”. Negli ultimi anni ho riscoperto questo spettacolo soprattutto dal punto di vista interpretativo, mi concede di spingermi dentro lo spettacolo fino a perdermi per poi ritrovarmi alla fine in camerino”.

Hai qualche rimpianto artistico?

“Sicuramente avrei dovuto lasciare la mia prima produzione, quella che in ogni caso mi ha permesso di fare i primi passi, molto tempo prima di quando l’ho fatto. Forse dovevo trovare prima la spinta adatta per iniziare a muovermi da solo. Credo che questo abbia indirizzato fortemente la mia carriera. In ogni caso meglio tardi che mai”.

Cosa cerchi quando scegli un danzatore o una danzatrice per un tuo spettacolo, cosa osservi a primo impatto?

“La danza contemporanea apre i confini, non tutti i danzatori sono adatti a danzare tutto. Molte volte ottimi danzatori si trovano molto in difficoltà con le mie coreografie. Quello che mi colpisce sempre è un istinto, un’energia. Io gestisco i miei spettacoli come se fossero dei film, quindi vado alla ricerca di personaggi, non di danzatori. Molte volte capita che non sia il danzatore più forte la mia scelta ma quello che sento più vicino alle mie corde. Io sono sempre stato un outsider della danza, sono un autodidatta, non nascondo che rimango affascinato da tutti quei danzatori che sono un po’ come me, una sorta di brutto anatroccolo che scopre di essere un cigno soltanto quando lascia la sua nidiata”.

Avevi programmi in essere o progetti in cantiere che sono stati interrotti dall’isolamento?

“Quando è iniziato l’isolamento a New York eravamo all’inizio di un riassesto molto importante della compagnia, quindi avevamo deciso di prendere una pausa dagli spettacoli ed iniziare a programmare la stagione ‪2021 2022‬ per poterci dedicare al meglio a questo riassestamento. Il COVID ha rallentato tutto ciò, ha anche bloccato quella che è l’attività di insegnamento quotidiano, e questo è stato sicuramente il disagio maggiore”.

Oltre la danza, quali altre passioni coltivi? Artistiche e non.

“Come ti ho detto prima lettura e scrittura. Io scrivo molto, è un’attività quasi quotidiana, mia moglie spinge per farmi scrivere e pubblicare qualcosa, ma io cerco di tenermene lontano il più possibile, credo che scrivere sia una dimensione che debba rimanere nel privato. Sono un appassionato di cinema e di film, in realtà sono loro la mia fonte principale di ispirazione. La montagna, non riesco a stare senza. Quando sono in periodi off cerco di chiudermi tra le mie montagne. Se sono a New York prendiamo la macchina e ce ne andiamo a nord dello Stato, nella contea di Windham. Ci abbandoniamo nel mezzo del verde e delle montagne. È quello il mio ambiente primario, è quello l’ambiente in cui tutto avviene e io riconnetto me con la mia arte”.

Pensi sia indispensabile per un coreografo aver avuto esperienza di danzatore e/o di insegnante?

“Quella di danzatore assolutamente sì, quella di insegnante forse meno, dipende dal tipo di danza che fai. A me insegnare aiuta molto, non posso farne a meno”.

Che emozione ti da insegnare sapendo che stai formando i danzatori di domani?

“Tutti quanti noi abbiamo iniziato a danzare perché abbiamo visto qualcuno farlo. Un giorno abbiamo visto qualcuno ballare e abbiamo detto “io sono questo”, io sono danza, da oggi lo faccio anch’io. Quello che mi ha affascina di più è pensare che la maggior parte di noi non ricorda chi era la persona che stavamo vedendo ma soprattutto quella persona non sa e non saprà mai che ha cambiato la nostra vita per sempre. È questa la potenza che mi ha affascina nella danza, il sapere che ogni giorno, mentre sto insegnando, magari da una finestra dello studio c’è un bambino che, guardando me, possa decidere di iniziare questo percorso, possa dire io sono questo, io sono danza”.

Negli ultimi anni la danza ha trovato una nuova evoluzione, i danzatori sono più atletici, quasi dei ginnasti. Secondo te è un bene o un male?

“Non so se sono totalmente d’accordo con questo. Sicuramente la danza era molto più atletica è molto più fisica nei primi anni 2000. Oggi c’è comunque una grande componente fisica, ma è molto più raffinata di quella precedente, il movimento ha subìto un’evoluzione molto più profonda e molto più di qualità rispetto al semplice virtuosismo. In questo senso la nuova danza contemporanea mi affascina molto”.

Se la tua danza fosse un film quale sarebbe?

“Signs”, di M. Night Shyamalan”.

E se fosse un libro?

“Racconti di un Pellegrino Russo”.

La musica come si combina con il lavoro del coreografo e in particolare con il tuo? E quali sono i tuoi criteri di scelta?

“Per me la musica ha per le orecchie la stessa funzione che la luce sul palcoscenico ha per gli occhi. Completa un’azione coreografica, ma spesso non è primaria nella stessa azione. È un rapporto molto elastico non esistono delle regole stabilite, muta a seconda delle occasioni”.

Le tue scelte, passate e presenti, sono dettate più dal coraggio o dall’incoscienza?

“Credo che qualsiasi atto di coraggio ha in sé un abbandono. In questo senso penso che coraggio e incoscienza vadano di pari passo, non può esserci l’uno senza l’altro”.

Cosa ti auguri per la danza in questo periodo storico?

“Che torni a svolgere la funzione sociale ed in alcuni casi salvifica. Che torni a svolgere un ruolo emancipato dalle vanità ed egoismi. Che torni ad essere un attività del dare”.

Domanda forse banale e scontata, cosa rappresenta per te la danza?

“Di sicuro la danza non è tutta la mia vita, è un’ottima compagna di viaggio, è qualcosa o qualcuno che mi accompagna da sempre e che sempre mi accompagnerà”.

Vi lascio una serie di link utili per conoscere meglio Enzo Celli e seguirlo nei suoi prossimi progetti d’arte.

Link
http://www.enzocelli.com
http://www.vivoballet.com
http://www.facebook.com/enzocelli
http://www.instagram.com/enzocelli

ENZO CELLI
VIVO Ballet Artistic Director
http://www.vivoballet.com
http://www.facebook.com/vivoballet.ny
http://www.instagram.com/vivoballet.ny

Roma, 30 giugno 2020
Valentina Proietto Scipioni
Palcoscenici del Mondo
EDM Produzione e Distribuzione

Pubblicato da Palcoscenici del mondo

Blog di arte, musica e spettacolo

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