Cinema e Teatro – A tu per tu con Stefano Ambrogi. Sotto il costume di scena batte un cuore Rock

In una intensa chiacchierata iniziata in tarda serata e finita in piena notte, ho inondato di domande un artista che ho sempre seguito con simpatia e affetto. Stefano Ambrogi, amatissimo dal pubblico. Attore teatrale, televisivo e cinematografico romano, dall’aspetto apparentemente burbero, ma dal sorriso contagioso che si è raccontato con straordinaria generosità.


Stefano buonasera. Il tuo volto non ha bisogno di presentazioni, sei noto al grande pubblico per i tuoi personaggi brillanti e un po’ sbruffoni, ma anche per le tue interpretazioni più drammatiche nel teatro classico e non. Un attore dalle sfumature diverse, ma tutte molto incisive. Quando hai capito che la recitazione sarebbe stata la tua strada?

“Diciamo che fin da bambino ero l’istrione del gruppo, ero il capobanda, quello che raccontava barzellette, ero il simpaticone del gruppo anche se non pensavo che avrei fatto l’attore.”

Quindi promettevi già bene. Hai ovviamente all’attivo tante esperienze cinematografiche in cui sei stato diretto da nomi di grande rilievo come Calro Verdone e Carlo Vanzina, solo per citarne due. Qual è il film che ti ha segnato più nel profondo emotivamente e artisticamente?

“Emotivamente direi” Febbre da cavallo 2 – La Mandrakata” perché è stato il primo film che mi ha visto assegnare un ruolo importante. Artisticamente di sicuro “Lo chiamavano Jeeg Robot” perché è stata una esperienza nuova, una scommessa vinta.”

Film che ho adorato, che ho visto e rivisto e di cui parleremo meglio più avanti. Ma qual è il personaggio per il quale il pubblico ti ricorda con più affetto?

“Sicuramente il COZZARO NERO di “Febbre da Cavallo 2 – La Mandrakata “.

Parliamo invece del teatro. Negli anni ti sei cimentato nei classici, come dicevo all’inizio, da Pirandello a Shakespeare a Goldoni. Ed hai avuto il privilegio di lavorare fianco a fianco con nomi straordinari, quali Gigi Proietti e Luigi Magni. Ci racconti un aneddoto o un particolare affettuoso che ti lega a uno di questi due nomi o a entrambi?

“Di aneddoti te ne posso raccontare un paio. Con Gigi Proietti eravamo di notte a Tor di Valle aspettando di girare delle scene di “Febbre da cavallo 2 – La Mandrakata”, eravamo fra un ciak e l’altro e Gigi improvvisamente sciorinò tutti e 300 i versi de “La scoperta dell’America” di Pascarella e noi tutti rimanemmo come bambini a bocca aperta ad ascoltarlo. Un’altra cosa importante che ricordo di Gigi Proietti era quando assistevamo ai montaggi dei suoi spettacoli quanto faceva la regia. Mi ricordo che stavamo allestendo “Il dramma della gelosia” ed eravamo tantissimi attori, le prove erano scaglionate, c’era chi provava dalle 3 alle 5, chi dalle 5 alle 7, chi dalle 7 alle 9… beh, mi ricordo che ci presentavano tutti alle 3 e rimanevano tutti fino alla fine pur avendo licenza di andarcene perché assistere al lavoro fatto da un Maestro come Gigi Proietti era veramente un privilegio e andarsene sarebbe stato un assassinio, un delitto.”

E già solo questi due racconti valgono l’intera intervista. Cosa non manca mai nel tuo camerino e nella tua valigia quando parti per le tournée o per il set?

“Ma io sono una persona molto distratta, quindi penso sempre di aver portato tutto, poi quando vado a sistemare gli effetti personali nel camerino mi accorgo che mi sono scordato sempre qualcosa. L’asciugamano, lo spazzolino, il deodorante che poi puntualmente reperisco all’ultimo momento. Non mancano mai le caramelle alla menta per profumare l’alito perché, quando si recita vis a vis con un altro attore bisogna sempre essere profumati e poi dolcetti vari, perché sono un golosone!”

Sulla golosità ti capisco… Stefano, ti seguo sui social e leggo spesso i tuoi post in cui hai una irresistibile vena sarcastica, molto pungente e autentica, senza filtri e fronzoli. La tua genuinità è uno dei motivi per cui il pubblico ti ama così tanto?

“Ma io spero che la gente mi ami per la mia semplicità, per la mia simpatia. Anche perché io sono sarcastico e sempre diretto, dico quello che penso, a volte in maniera dissacrante e non sono mai bugiardo, non mi piace l’ipocrisia.”

Vista la tua spontaneità, voglio mettere alla prova anche la tua creatività, ti faccio una domanda che dà molto spazio all’immaginazione. Con quale grande artista attuale o del passato vorresti collaborare? E anzi, cosa gli o le proporresti di fare insieme?

“Mi sarebbe piaciuto da morire essere stato un attore maturo e lavorare al fianco di Sergio Leone. Avrei voluto fare qualsiasi cosa con lui perché lo reputo uno dei più grandi registi del mondo. Avrei voluto fare un western nel ruolo di un cattivo, di un brutto. Farei carte false per avere l’opportunità di lavorare con lui.”.

C’è un personaggio che hai interpretato che ti è rimasto “impresso a fuoco” dentro e perchè?

“Anni fa interpretai Mangiafuoco in un Pinocchio, era un musical bellissimo con musica dal vivo e le musiche erano musiche rock anni 70 con brani dei Lez Zeppelin, Pink Floyd, Deep Purple e mi ricordo che il mio Mangiafuoco era vestito da generale nazista e addirittura suonava con la tromba il finale di “Child in time” dei Deep Purple. Veramente un’esperienza bellissima, un musical splendido che vorrei ricominciare già domattina. Un’altra spettacolo che ho nel cuore é il Ploutos di Aristofane, diretto da Massimo Popolizio, un altro grandissimo maestro con cui mi onoro di aver lavorato. Ho avuto il privilegio di essere diretto da uno dei più grandi attori di prosa che oggi ci siano in Italia”.

Sono spontanea anche io, consentimi un piccolo attimo di esaltazione sulle tue citazioni rock e sulla straordinarietà di Massimo Popolizio. Ma torniamo al film “Lo chiamavano Jeeg Robot”, una pellicola di grande successo in cui ti abbiamo apprezzato moltissimo. Qual’è stata l’arma vincente di questo film che ha raccolto così tanti consensi?

“Sicuramente “Lo chiamavano Jeeg Robot” è una scommessa vinta perché è un film di genere e in Italia i film di genere non si facevano, non ci credeva nessuno. È stato un film difficilissimo da fare, è stato un parto lungo e travagliato. Nessuno aveva fiducia nella sceneggiatura e nell’abilita di Gabriele Mainetti che poi invece si è rivelata vincente. La sceneggiatura di Guaglianone e Menotti è stata veramente straordinaria, ma all’inizio non ci credeva nessuno. Mi ricordo che feci il provino nel 2014 e il film lo girammo nel 2016, quindi fu veramente un percorso lungo, non si trovavano soldi, i produttori non si fidavano, invece poi è successo quello che è successo. Quindi mi auguro che Mainetti farà capolavori su capolavori in futuro perché è grandissimo dietro la macchina da presa. “

Come buona parte degli artisti sei superstizioso? Hai un rito particolare a cui non rinunci mai prima di andare in scena o sul set?

“Ecco io non sono assolutamente superstizioso, anzi sono dissacrante. Per esempio sai che c’è la superstizione che, se ti cade il copione, devi batterlo a terra tre volte prima di raccoglierlo? Beh io non lo batto mai, suscitando la rabbia dei miei colleghi. Se sulla scena c’è una scala io volontariamente ci passo sotto, se incontro un gatto nero lo lascio passare, sono esattamente l’opposto dei superstiziosi perché sono estremamente razionale. Non mi affascinano oroscopi e cose simili perché credo solo nella scienza, nella coscienza e nella conoscenza umana che penso siano i veri valori da seguire.”

L’applauso più importante finora dove e quando lo hai ricevuto?

“Gli applausi sono tutti importanti. Specialmente a teatro quando il pubblico ti acclama a fine spettacolo e tu fai l’inchino doveroso, quell’applauso riempie il cuore di gioia a te e a tutti membri dell tua compagnia. Ogni applauso è bello e importante ed è un’iniezione di vita per il prossimo spettacolo che avverrà il giorno dopo.”

Ho seguito i tuoi appelli sui social in cui invitavi con ironia e decisione a rispettare le restrizioni nel periodo di lockdown. Tu hai trascorso questo isolamento nella tua casa in campagna, ma qual è stata la cosa più strana che hai fatto durante questa chiusura forzata?

“Durante il Lockdown io sono stato a casa. Ho una piccola casetta in Umbria con un piccolo giardino e quindi mi sono molto divertito. Ho passato il tempo a leggere, scribacchiare qualcosa, ma più che altro a leggere. Poi cucinare, mangiare e dormire. Ho sistemato il garage, ho falciato l’erba, ho piantato gli odori… Ho il basilico più bello del mondo! Ho comprato le piantine e le ho piantate, ho il prezzemolo, la salvia, il peperoncino, il rosmarino e le curo con moltissimo amore, come di padre in figlio.”

Dove ti sei interrotto artisticamente quando è iniziata l’emergenza covid? A cosa stavi lavorando?

“Quando è arrivata l’emergenza io avevo appena finito uno spettacolo bellissimo al Teatro Lo Spazio a Roma che si chiama “Vita da cani”, l’ultima replica è andata in scena il primo marzo. Dal 22 marzo avrei dovuto iniziare le prove di un altro spettacolo che sarebbe stato in scena per tre settimane al Teatro Tirso, ma c’è stata l’interruzione quindi adesso è tutto morto, sia questo spettacolo sia l’appuntamento di maggio quando sarei dovuto tornare in scena con la ripresa di un Romeo e Giulietta di Gianni Clementi, altro spettacolo meraviglioso. C’era anche un film che avrei dovuto girare in Calabria e che spero si riprenda al più presto.”

Stefano, se la tua vita fosse un film quale sarebbe?

“Sarebbe sicuramente PRENDI I SOLDI E SCAPPA”.

Torniamo a parlare per un attimo di musica, hai una canzone del cuore che non ti stancheresti mai di ascoltare?

“Io sono nato nel 60 quindi sono cresciuto a pane e rock. Amo da morire i Pink Floyd, amo da morire i Genesis, mi ricordo che a 13 comprai “The dark side of the moon” e “Selling England by the Pound”, sono stati due grandi album che mi hanno accompagnato in adolescenza e che ancora oggi, quando sono in macchina, ascolto sempre volentieri.”

Hai avuto la fortuna di goderti gli anni d’oro della musica e del rock che hanno poi segnato tutta la produzione musicale a venire. Decisamente ti invidio! Hai un desiderio artistico e uno personale che non hai ancora realizzato?

“Si, io voglio fare Falstaff. Qualsiasi regista che mi legga sappia che il mio sogno nel cassetto è interpretare Falstaff ne “Le allegre comari di Windsor”.

Come riprenderà la tua attività una volta che riapriranno anche i teatri al pubblico? Raccontaci che progetti ci sono nel tuo futuro.

“Di progetti che ne sono tanti, compreso un nuovo spettacolo che vorremmo fare in estiva in un sito archeologico, sperando che ce ne diano la possibilità.”

Sono quasi le tre di notte e purtroppo la nostra chiacchierata è terminata qui, ma mi ha lasciato una gran gioia il confronto con una persona genuina e un artista così poliedrico e carismatico. In bocca al lupo per tutto, fratello Rock!

Roma, 30 maggio 2020
Valentina Proietto Scipioni

Palcoscenici del Mondo

Pubblicato da Palcoscenici del mondo

Blog di arte, musica e spettacolo

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