Teatro – Nico Caruccio, un Pulcinella che viene dal Cilento

Oggi ci faremo una bella passeggiata in Campania, nella bella Agropoli, in provincia di Salerno, per farci una chiacchierata con un artista a me molto caro, non solo perché è un mio compagno di scena. Nico Caruccio, giovane attore teatrale di talento con mille idee e tanti sogni ancora nel cassetto.

Nico buongiorno. Mettiti comodo perché ti farò parecchie domande. Anzi, ce lo prendiamo un bel caffè?

“Caffè? Subito! Non posso rifiutare.”

E a proposito di caffè… scommetto che ti balza subito in mente un monologo…? Per un campano il momento del caffè è un rito intoccabile. Cosa rappresenta per te e cosa evoca?

“Assolutamente, il caffè è un rito, una cerimonia, anche se non posso berne in quantità come in passato, per me è sacro. È un momento in cui le filosofie più alte della vita incontrano la saggezza del popolo.”

Dunque ti sei attore, autore di alcuni tuoi spettacoli, speaker radiofonico e anche una promettente voce canora. Pur essendo un ragazzo giovanissimo, hai coltivato finora molti talenti. Ma qual è quello in cui ti senti più “comodo”?

“Quanti complimenti! Sicuramente sono imbarazzato e dunque un po’ scomodo nel gestire la reazione a queste belle parole. Però tengo a dire che nelle tante cose che ho fatto ho tratto giovamento nel confronto, ovvero: il teatro, la musica e le altre forme di spettacolo mi hanno aiutato ad essere meno anormale (sono comunque da ricovero, sia chiaro!). Quello che porto nel cuore è il teatro. Ha una potenza strana, particolare. È il giusto compromesso per chi vuole mettere la propria sensibilità in gioco, a nudo, ma servendosi di altre anime. Un po’ come dire: lo faccio, tanto in quei vestiti non vedranno me, ma il personaggio. Scopri poi, dopo ogni messa in scena, che sul palco c’era la parte più vera di te.”

Alla tua giovane età hai già all’attivo tante esperienze teatrali, sia di prosa che di teatro musicale che ami molto. Qual è quella che ti ha segnato nel profondo e che ha dato la vera svolta alla tua vita artistica?

“Ho avuto la fortuna di fare tante cose e diverse tra loro. Dal teatro di Eduardo alle favole per bambini, dalle serate d’autore agli spettacoli di piazza e di tradizione del mio Cilento, mie scritture, opere religiose, spettacoli di valenza civica e testi di autori contemporanei come la mia ultima collaborazione con la EDM in “Mammanapoli Mood”. E questo è bello, perché non sono obbligato a stilare classifiche, bensì, devo “limitarmi” a catalogare ogni bella emozione nella giusta casella, come si fa con l’album delle figurine. Mi reputo fortunato, in questo senso.

A proposito di musica, dicevo poco fa che hai promettenti doti canore. So di una tua grande passione per un mostro sacro della musica italiana a cui hai reso anche omaggio con una tua personalissima commedia musicale negli anni passati.
Ce ne vuoi parlare?

“Tutto nacque una notte di Natale a Napoli di molti anni fa. Ero a casa di una mia zia. Dopo la cena, ho trovato sul letto due CD. La domanda era: chi ascolto, Domenico Modugno o Roberto Murolo? Alla fine li ho ascoltati entrambi. Una canzone mi toccò più di tutte, “U pisci spada” di Modugno, per la potenza, la passione, la riproduzione della cruda vicenda di questi due pesci innamorati e la triste realtà riprodotta attraverso le voci incise, il suono della chitarra che si univa alle voci. Da lì, ho iniziato di getto a scrivere. Proposi ad unio amico musicista e autore di provare a buttare giù qualcosa, Mico Argirò, il quale disse no, ma dopo un giorno aveva già arrangiato quasi tutti i pezzi e lo ringrazio tantissimo. Ne è uscito uno spettacolo che racconta le emozioni della vita di tutti (amore, rabbia, guerre, tradimenti, passioni, ironia) attraverso i pezzi di “Mr. Volare”. Uno spettacolo che ho avuto la fortuna di presentare in varie parti d’Italia e anche al Double Belonging Festival di Leichhardt a Sydney (Australia). Sono molto contento perché ho tratto spunto dal libro “L’altra faccia del mio amico in frac” del compianto Bruno Pantano, libro edito da New Book, per raccontare storie che si celavano dietro i pezzi di Modugno, anche e soprattutto quelli meno conosciuti. Consentimi solo di ringraziare ancora una volta l’amico Bruno Pantano, amico e storico collaboratore di Modugno, per le esperienze che ci ha trasmesso nei caffè presi all’EUR o in giro per Roma. Un pezzetto di noi è arrivato a casa Modugno, dalla Sig.ra Franca, che ringrazio per le belle parole.”


Beh, grazie a te per averci raccontato questo splendido spaccato. Nico, detto fra noi che siamo compagni di scena, la vita di un attore è entusiasmante vista da fuori, ma piena di sacrifici se vissuta in prima linea. Viaggi, orari sballati, impegni continui, mesi lontano dalla terra d’origine. Come si fa a conciliare una professione così impegnativa con la vita personale?

“Quando la tua vita è quella, hai risolto. Quello che noto, in chi fa questo mestiere, è l’attaccamento e l’abnegazione per ciò che si fa. È sempre difficile stare lontano da casa, in generale. Per me no, per me stare lontano rappresenta sempre un ritorno a casa. E questo mi spinge ad andare sempre più lontano di prima. La mia terra è una calamita. Non sarei nulla senza la mia Agropoli e il mio Cilento.”

Nello spettacolo “MammaNapoli Mood” di Emiliano De Martino, in cui siamo compagni di palco, interpreti una maschera amatissima e delicatissima da portare in scena.
Si può definire un po’ l’ambizione di ogni teatrante campano e non.
Ma non era la prima volta che interpretavi Pulcinella. Con che animo ti sei accostato a questo personaggio dai mille colori e quale di questi suoi colori hai evidenziato nella tua interpretazione in scena?

“Proprio così, non era la prima volta che mi “servivo” di Pulcinella. Mi è capitato anni fa in alcune di quelle serate di piazza nei borghi, serate di tradizione e musica. Devo ringraziare “Mammanapoli Mood”, inteso come progetto in toto, perché è stata un’altra occasione per riflettere. Alle volte si dice “Io faccio Pulcinella”, in realtà non è così (secondo la mia umilissima opinione), perché è Pulcinella che fa noi tutti. È stato bello e interessante affrontare le cose della vita, raccontate in questo spettacolo meraviglioso, servendomi di questa maschera; ne sono uscito cambiato.”

Qual è il risvolto più entusiasmante del tuo lavoro e quello che ti esalta meno?

“Mi entusiasma il confronto, la conoscenza di tante diversità, l’arricchimento culturale e i diversi modi di comunicare, con tutti. Non mi fa impazzire quell’abnegazione di cui sopra, che delle volte sfocia nell’improvvisare (inteso come superficialità), paradossalmente. Non basta impegnarsi per fare le cose. Bisogna essere professionali, coerenti con le proprie potenzialità, mezzi e messaggi.”

Vista la tua notevole creatività ti faccio una domanda che dà molto spazio all’immaginazione. Con quale grande artista attuale o del passato vorresti collaborare? E anzi, cosa gli o le proporresti di fare insieme?

“Non rispondo Modugno per non essere ripetitivo o scontato. Vorrei rivedere le persone che popolavano i vicoli del mio centro storico, tra cui I miei nonni. Vedi, prima di mandare in loop le cassette VHS di Eduardo, Troisi e Totò, avevo già iniziato a fare teatro guardandomi intorno, per la strada. Quella è la mia scuola. E la cosa che direi è “grazie” .

Dunque nella vita sei stato allievo in Accademia, ma hai anche all’attivo esperienze di insegnamento. Succede anche a te di sentirti arricchito in prima persona quando trasmetti ciò che sai ai tuoi allievi? E qual è il risvolto più delicato di questo tipo di attività?

“Ti vedi fare lezione e mentre lo fai, ricordi quando eri allievo. Strano. Mi sono anche chiesto “Ma mi credono? Wow?!” A parte gli scherzi, ho avuto belle sensazioni nel confrontarmi con altri ragazzi e l’arricchimento è naturale. Non è tutto da buttare, c’è tanto da fare con i ragazzi, bisogna saper comunicare le giuste cose. Il mondo oggi è un pentolone, uniformato alla rete; sarò all’antica ma… vorrei vivere le storie anziché postarle su Instagram.”

C’è un personaggio che hai interpretato che ti è rimasto “impigliato” dentro e perchè?

“Ferdinando Quagliuolo in” Non ti Pago”, di Eduardo. Ero molto giovane quando l’ho interpretato, forse inadatto. Rivedo un po’ mio nonno, burbero, solitario, testardo, ma con tante cose da dire, come quando mi raccontava del suo lavoro da capo mastro nel Benelux. Quagliuolo è un personaggio che vorrei vivere con la maturità di oggi, così come oggi chiederei altre cose a mio nonno.”

L’applauso più importante finora dove e quando lo hai ricevuto?

“Ci sono stati due momenti che porto nel cuore: Santa Teresa di Riva (Messina) con lo spettacolo ‘Mammanapoli Mood’ del ben noto Emiliano De Martino e poi Toffia (Rieti) con “Aó, ‘mbè? Jamm já” uno spettacolo scritto a quattro mani con l’amico e grande professionista Pino Grossi.”

Se la tua vita fosse un’opera teatrale quale sarebbe?

“Più che un’opera teatrale mi piacerebbe una bella marmellata di assurdità, momenti di cabaret, canzoni, poesie e strafalcioni.”

E se fosse un film?

“Novecento” di Bernardo Bertolucci. Sono innamorato anche de “Il gladiatore” di Ridley Scott.”

E se Nico fosse il famoso personaggio di uno spettacolo o di un film, a chi somiglierebbe?

“Mi vedo molto nei personaggi di Pieraccioni.”

Hai un desiderio artistico e uno personale che non hai ancora realizzato?

“Ho uno spettacolo di tradizione scritto da me che racconta una parte della storia della mia città da dover mettere in scena sul mare, poi ne riparleremo.
Per quanto riguarda me, spero di essere sempre una persona migliore rispetto a come sono stato ieri. Vi ringrazio tanto per questa bella chiacchierata!!”

Grazie a te per averci condotto a spasso fra le tue emozioni di teatrante.
Per conoscere meglio Nico ecco il suo link di Facebook.

https://www.facebook.com/nico.caruccio

Roma, 26 maggio 2020
Valentina Proietto Scipioni
Palcoscenici del Mondo

Pubblicato da Palcoscenici del mondo

Blog di arte, musica e spettacolo

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